lunedì 20 dicembre 2010

Sfatato un mito

Quello del buio... Prima di venire in Svezia la mia preoccupazione principale riguardo all'inverno non era il freddo, ma il buio.  Il freddo si combatte, qui le case sono ben riscaldate e nei negozi puoi comprare l'abbigliamento adatto anche per i meno venti. In Italia ho imparato, però, che la quantità di luce influisce sull'umore della gente, e che è più facile vedere "il lato splendente della vita" (il famoso bright side of life) se splende il sole. E dall'altro canto la cosa diventa più difficile se c'è un buio perenne. Siccome il buio dell'inverno scandinavo mi preoccupava, era la cosa su cui cercavo di informarmi con la più ardente curiosità prima di venire in Svezia. Avevo sentito racconti di giornate buie con un sole sull'orizzonte che lascia solo un chiarore, ma non ha la forza di illuminare il paesaggio. Niente di più sbagliato!

Sarà che non sono così tanto a nord, ma insomma, la maggioranza degli svedesi non abita più a nord da me. (Abito all'altezza di Stoccolma, quindi la quantità di luce è la stessa che nella capitale.) Sarà che quest'anno la neve è arrivata prestissimo, quindi ci siamo risparmiati un novembre grigio e piovoso. Con il bianco della neve che ricopre tutto è difficile avere la sensazione del buio. Sarà che ero preparata a molto peggio. Guardate questa foto scattata il 10 dicembre alle ore 13:


Vi sembra un chiarore di un sole debole questo? E' vero che il sole rimane sempre basso, ma non perde la sua forza di illuminare, ha solo forse una luce più giallastra e il tramonto dura più a lungo, il che rende i colori ancora più belli. Ecco una foto che vi fa capire a cosa mi riferisco:

Scattata il 12 dicembre alle 15.13

Sono stata fortunata con quest'ultimo mese, perché ci sono state un sacco di giornate di cielo sereno. Spesso mi dispiaceva di non avere l'occasione di fare due passi con quel bel sole perché dovevo lavorare, e l'università non è in centro città.

Quanto alla lunghezza delle giornate: oggi (il giorno più corto dell'anno, insieme al giorno di domani) il sole è sorto alle 8:54 ed è tramontato alle 15:00 preciso. Questo significa 6 ore di luce piena, più la durata del crepuscolo prima e dopo. A me sembra che la mattina il chiarore duri di più che nel pomeriggio dopo il tramonto, ma forse mi sbaglio. Una cosa interessante è che domani la giornata non sarà né più corta né più lunga. Guardate questo disegno:


E' un c.d. sun path diagram che rappresenta il percorso del sole durante l'anno a Örebro. Io purtroppo non ci capisco molto, ma ho notato che dal 21 settembre le giornate non si sono accorciate con la stessa velocità, ma in maniera decrescente. Non so se mi spiego. Il 30 ottobre ho scritto che le giornate si sarebbero accorciate di 5 minuti ogni giorno. Poi ho notato che questo era vero soltanto fino a un certo punto, perché poi la velocità dell'accorciamento è andata diminuendo. Ora a dicembre la durata della luce si accorcia solo di 2 minuti. I motivi sono da ricercare nel latitudine e nell'angolazione del sole. Ma più che cercare di spiegare una cosa di cui non mi intendo, vi lascio qualche link per poter approfondire l'argomento se vi interessa:
E con questo vi auguro Buon Natale! Domani parto per l'Ungheria, tempo permettendo. Qui per Natale promettono una forte nevicata e disagi nei trasporti, ma domani dovrebbe essere ancora tutto tranquillo. Le temperature adesso stanno scendendo: domani -15, dopodomani -20. Domani dovrò prendere due treni, un pullman e un aereo, quindi speriamo bene...

Buone Feste a tutti!

mercoledì 15 dicembre 2010

La Svezia è il terzo esportatore di musica del mondo

Il libro di lingua svedese che usiamo al corso all'università (RivStart) dice che la Svezia è il terzo esportatore di musica del mondo. Il titolo sembra conteso tra l'Italia e la Svezia. E' stato attribuito anche all'Italia, anche se messo in dubbio da alcuni. Fatto sta che ci sono tanti gruppi e cantanti svedesi che cantano in inglese, e quindi sono più facilmente vendibili sul mercato internazionale.

Essendo un grande amante della musica, negli ultimi anni soprattutto del genere rock, mi ha subito incuriosito quali sono i gruppi che conoscevo già ma non sapevo che fossero svedesi. Non gli ABBA, quindi, di cui tutti sanno che provengono dalla Svezia, e che non sono mai stati tra i miei preferiti, a parte The Winner Takes It All che adoro e trovo molto emozionante. Un altro gruppo di cui si sa che è svedese sono i Europe degli anni Ottanta. Forse non tutti sanno però che sono diventati famosi grazie a un talent show dove hanno partecipato con il nome Force.

Il terzo gruppo più famoso della Svezia (all'estero) sono i Roxette, di Halmstad, del sud della Svezia. E a loro vorrei dedicare qualche parola in più dato che una loro canzone ha segnato la mia infanzia. Non so voi, ma io collego certe melodie a un periodo della mia vita, e queste melodie riescono a richiamare in me l'atmosfera e lo stato d'animo dell'epoca. Tra l'altro è per questo che ammiro e adoro tanto la musica. Insomma, tra le mille cose che provai da piccola ci fu un anno di danza moderna ("balletto jazz" si chiamava). Avrò avuto una decina d'anni. Il corso che frequentai era tenuto da due giovani ballerini professionisti (ricordo che festeggiammo il 25esimo compleanno di uno di loro e che all'epoca mi sembravano adultissimi), e consisteva nell'imparare una coreografia da presentare in pubblico alla fine (ma ci insegnarono anche la salsa per esempio). La musica era una canzone dei Roxette! The Look. Ve la ricordate?


Gruppi di cui invece non avevo idea che fossero svedesi sono:

- gli Ace of Base degli anni Novanta (e all'epoca era il genere di musica che ascoltavo...)

- i Cardigans che avevo già menzionato in uno dei miei primi post, quando sono passata a Jönköping, loro città d'origine

- la cantante di colore Neneh Cherry, della quale mi viene in mente soprattutto il bellissimo duetto cantato con Youssou N'dour, 7 Seconds, del 1994

- negli anni Novanta poi ci sono stati diversi musicisti svedesi che sono diventati famosi sulla scena internazionale, tra cui Dr. Alban (non potete non ricordare It's My Life e Hello Africa, o la mitica Sing Hallelujah che a me piaceva molto) e Eagle Eye Cherry (la sua canzone più famosa è Save Tonight), entrambi di origine africana, o gli Army of Lovers (di loro sono note Crucified e Obsession), i Rednex dell'insopportabile Cotton Eye Joe, ed Emilia (Rydberg), la cantante della bellissima Big Big World. Di lei ho scoperto che l'anno scorso ha cantato un duetto con un cantautore ungherese.  La canzone è cantata in parte in ungherese (da lui), in parte in inglese (da lei), ma il ritornello finale è cantato in ungherese da entrambi! Ecco il video:



Esiste anche la versione completamente in inglese. E prima che ve lo chiediate: suo padre è africano (etiope) e sua madre è svedese. Lei è nata e cresciuta a Stoccolma.

Altri musicisti più recenti provenienti dalla Svezia sono gli Alcazar di Crying At The Discoteque (del 2000) e il DJ Eric Prydz di Call On Me (del 2004). Esistono anche numerosi altri che invece non conosco, anche perché in questi anni ho smesso di seguire la musica contemporanea, mentre non finisco mai di scoprire quella degli anni Sessanta e Settanta.

Il prossimo obiettivo è conoscere la musica svedese cantata in svedese. Suggerimenti?

lunedì 13 dicembre 2010

Immagini natalizie dalla Svezia

Sono stata un po' taciturna in questi giorni, perché fino a domani ho come ospite mio babbo che è venuto a trovarmi. Nel weekend, freddo permettendo, abbiamo fatto qualche giretto in città e fuori. Sabato siamo andati alle terme di Lucca, a circa 50 km da qui. Ok, scherzo, si scrive Loka, ma si pronuncia proprio Lucca! Quando l'ho sentito nominare per la prima volta anch'io sono rimasta sorpresa. (Per dimostrarvi che la Toscana mi perseguita, il Comune di Örebro ha una frazione che si chiama Gräve, pronunciasi Greve...)

Oggi invece di raccontarvi di attentato o di Santa Lucia vorrei semplicemente farvi vedere qualche foto scattata in questi giorni, in pieno periodo prenatalizio. (In fondo al post comunque trovate qualche link relativo agli altri due argomenti, nel caso vi interessassero.)

Decorazioni simpatiche (e costosissime) in vendita a Bauhaus
Bosco bianco a Loka
L'ingresso delle terme
L'albero di Natale delle terme
Un albero di Natale innevato a Loka

Se volete sapere di più dell'attentato di Stoccolma di ieri l'altro, vi consiglio di leggere il punto di vista degli italiani che a Stoccolma ci vivono:

Quanto a Santa Lucia, invece, stamattina ci siamo alzati alle 6 e mezza per andare a vedere la festa all'università. La mensa tutta al buio, e il coro universitario vestito in bianco che arriva in fila indiana con una candela in mano cantando canzoni natalizie. E' stato bello! Se volete sapere di più di questa tradizione svedese, ecco un post di Franco e una pagina esplicativa.

mercoledì 8 dicembre 2010

Gli esami universitari in Svezia

Ora che ho un minimo di esperienza di esami universitari in Svezia, posso raccontare un pochino. Per mia fortuna, ho potuto sperimentare il sistema da entrambi i lati: sia come studente che come insegnante. E devo dire che ho scoperto molto di più grazie al primo. Premetto che quel che dico vale per l'università di Örebro, ma sospetto (e sento dire) che il sistema sia lo stesso anche nelle altre università svedesi.

Come avevo già menzionato in un post precedente, qui tutti gli esami sono scritti. Personalmente non sono molto favorevole a questo sistema, specialmente a giurisprudenza, dove le abilità retoriche sono importanti. Per quanto ho capito, siccome qui gli studenti hanno il sacrosanto diritto di contestare il risultato dell'esame, ciò sarebbe molto più difficile nel caso di un esame orale, e poi lo scritto è anche una forma di autotutela da parte degli insegnanti che in questo modo riescono a difendere e giustificare meglio la loro posizione (cioè il voto). Io però credo che l'esame orale, nonostante apparentemente più soggettivo, in realtà sia un metodo più efficiente di valutare il grado di preparazione dello studente. Lascia molto meno spazio a fraintendimenti e permette all'esaminatore di verificare se lo studente capisce quel che dice o  solo l'ha imparato a memoria. Semmai può avere un senso combinare i due metodi, perché certamente la scrittura è importante, ma avere soltanto esami scritti a giurisprudenza mi sembra pura follia. Comunque per fortuna i seminari offrono spazio per valutare le abilità orali degli studenti, dato che qui  non sono tanti (circa 150 iscritti all'anno a giurisprudenza), e questo compensa un po' l'assenza di esami orali.

Nel caso del corso di lingua svedese, alla fine del quale ho potuto dare un esame da studente, prima dello scritto c'è stata anche un "oral presentation", ma non so questo in che misura abbia influenzato il voto finale. Credo che il voto finale sia fondato solo sullo scritto, e all'orale bastava la sufficienza per poter poi fare lo scritto. Ma la cosa interessante da raccontare è l'organizzazione degli esami scritti. Al campus esistono delle aule apposite per gli esami, le c.d. sale di scrittura o skrivsalar, nelle quali i banchi sono tutti singoli (vale a dire per una sola persona), messi in fila precisa, come vedete anche nella foto sopra. In una sala si svolgono più esami contemporaneamente, anzi è proprio una regola che in ogni fila ci sono studenti provenienti da facoltà diverse. Infatti, quando sono arrivata in aula, un po' all'ultimo, mi sono seduta all'unico posto che era ancora libero, e solo quando ci hanno distribuito i fogli mi sono resa conto di trovarmi nella fila sbagliata. Erano domande di biologia! (Infatti, mi sembrava strano che fossimo in cinquanta a dare l'esame di svedese...)

Ma ci sono state anche altre cose che mi hanno colpito. Davanti a ogni sala di scrittura c'è un'anticamera dove ognuno deve lasciare la giacca e la borsa, e da qui si accede a un bagno, così che gli studenti non debbano  (e non possano) allontanarsi se devono fare i loro bisogni, cosa che può facilmente capitare, dato che l'esame dura sempre cinque ore. E non pensate che duri cinque ore perché ci sono così tante domande a cui rispondere o così tanti compiti da risolvere, ma è di nuovo la conseguenza dei diritti sacrosanti dello studente. Io dopo un'ora avevo già finito, e non sono stata neanche la prima a consegnare. Poi, a sorvegliare lo scritto non sono dei professori, e neanche dei dottorandi, ma semplice personale amministrativo. Quindi non c'è nessuno a cui chiedere un eventuale chiarimento su una domanda.

Per quanto riguarda i voti: dipende dal corso di laurea. In ogni caso sono massimo tre (oltre a quello dell'insufficienza). Quindi generalmente: G (che sta per "buono) e VG (che sta per "ottimo"). A voi italiani non lo devo dire che è un sistema di voti estremamente limitante che non permette la giusta differenziazione tra gli studenti, la cui preparazione è molto più variegata di due semplici gradi.
Devo dire che per me pure il sistema italiano era sembrato strano all'inizio, nel senso opposto. Trenta voti mi sembravano troppi, ma poi mi ci sono abituata (anche perché alla fine in realtà sono solo tredici, dal 18 in su, quattordici se consideriamo anche il trenta e lode). So che sono trenta perché in teoria una commissione di esame dovrebbe essere composto di tre membri e ognuno di loro può dare fino a dieci punti. (il voto usato nelle scuole inferiori). E alla fine mi sono trovata bene con il sistema italiano. Ho dato pure tanti ventinove, ed è un voto che difendo sempre, non accettando la teoria che ne fa una questione di principio, dicendo che dare un ventinove è brutto.

In Ungheria i voti invece sono solo quattro (1 è insufficiente, e poi da 2 a 5), questo dagli elementari fino all'università. Quindi, vedete, in Italia ho dovuto imparare a fare più differenziazione, qui invece mi devo limitare ancora di più che in Ungheria... Anche se nel caso di uno scritto il voto è il risultato di un calcolo matematico, più che di una valutazione complessiva. Infatti, siccome non ho avuto ancora un corso tutto mio in questo primo semestre passato a Örebro, ho soltanto dato due domande al titolare del corso in cui avevo fatto diverse lezioni e ho corretto le risposte (di 45 studenti).

Insomma, per ora ecco tutto. Magari alla fine dell'anno accademico potrò fare valutazioni più accurate...

lunedì 6 dicembre 2010

Paperelle 2.0

Avrei potuto intitolare il post anche alla "giuridichese": paperelle bis, ma siccome simpatizzo pure con l'informatica (per diversi motivi, alcuni anche evidenti ;)), ho scelto questo titolo qua...

Le anatre resistono ancora. A questo punto direi che ormai rimangono tutto l'inverno. E' impressionante però che sopportino così bene questo freddo. La settimana scorsa il termometro ha toccato i -20!

Papere sul sentiero
Papere nel fiume
E ancora papere...
Il fiume in tutta la sua larghezza
Il fiume invisibile

E oggi per la prima volta da quando ho aperto questo nuovo blog ho scritto un post anche in quello vecchio. Ma è una riflessione che non c'entra niente con la Svezia, quindi la vedo meglio lì che qui.

venerdì 3 dicembre 2010

Apparenza e sostanza

Una cosa che apprezzo in questo popolo (anche se ancora non li conosco tanto bene, ma diciamo così come prima impressione o "a pelle"), è che non ci tengono in modo particolare all'apparire, soprattutto in confronto agli italiani. Qui puoi vestirti come ti pare e nessuno ci fa caso o ti giudica in base a questo. Così come neanche in base alla macchina che hai. Vedo poche macchine fighe in giro, nessuna Ferrari o Porsche, poche Mercedes. La macchina qui non sembra essere uno status symbol (su questo aspetto in particolare vi invito a leggere un post su One Way To Sweden). E in questo credo che la Svezia sia un'eccezione in Europa, mentre l'Italia la regola (e l'Ungheria segue la regola).

Per quanto riguarda l'abbigliamento, però, gli italiani sono particolari. Pure persone per niente snob ci tengono. La gente osserva come ti vesti e te lo fa pure notare. A me era capitato più di una volta, così pian piano ho imparato a vestirmi anch'io. Anche se non ho mai seguito la moda, ho imparato a stare attenta ai colori e agli abbinamenti. Ho sempre ammirato il senso estetico degli italiani che li contraddistingue dagli altri popoli. Hanno un senso del bello innato o, meglio, lo assorbono fin da piccoli. Ho imparato veramente tantissimo in questo senso in Italia. Apprezzavo tanto che la gente comune fosse curata. (Certamente esiste l'altro lato della medaglia e molti esagerano, ma questa è un'altra storia.) La mia meraviglia è stata che questo senso estetico caratterizza anche le persone più semplici e non solo una certa classe sociale.
Con questo non voglio dire che gli svedesi siano sporchi o indossino degli stracci, ma si vede tanta gente in giro che se ne infischia dell'ultima moda o che si mette abiti dai colori improbabili o non abbinati tra loro (mica solo in Svezia, lo so), e io stranamente pure questa cosa la apprezzo.

Lo dico tra parentesi che sono convinta che il successo e la fama degli uomini italiani all'estero sia in gran parte dovuto al fatto che sono curati. Questo ancora di più nell'Europa dell'Est dove l'uomo era considerato uomo se aveva la panza e puzzava di sudore (con un po' di esagerazione). In ungherese c'è un detto: "elég ha a férfi csak egy fokkal szebb az ördögnél", è sufficiente che l'uomo sia appena un po' più bello del diavolo...  Un uomo curato e vestito alla moda era considerato poco virile o snob. Dico "era", perché le cose stanno cambiando, e per la mia generazione non è più così, almeno in Ungheria. Insomma, credo che la donna non abbia mai appoggiato questa idea di "virilità" che gli uomini avevano di sé stessi, ma che si poteva fare... in una società maschilista com'era tutta l'Europa all'epoca.  Non credo affatto che gli uomini italiani siano più belli di altri (bello e brutto c'è ovunque, e poi è questione di gusti), ma che riescono a valorizzarsi, e questo conta proprio tanto. (La cura di sé ovviamente è solo una spiegazione parziale del successo, dall'altro lato c'è anche un approccio diverso alle donne, più intraprendente e più sicuro di sé, ma questo è un altro discorso...)

Insomma, queste differenze mi hanno fatto pensare. Perché, badate bene, il fatto che gli italiani ci tengano all'apparire non significa che siano superficiali. E la gente tende a confondere le due cose. Infatti, è un pregiudizio diffuso nei confronti degli italiani che siano persone superficiali (almeno io l'ho  sentito dire spesso da ungheresi), ma questo non è affatto vero! Ho conosciuto tanta gente profonda e di spessore in Italia. Apparenza e sostanza sembrano non avere alcuna correlazione. E poi come si fa a diventare superficiali crescendo tra le bellezze artistiche e naturali che offre l'Italia? Il bello ti insegna a lasciarti andare e a goderti l'attimo, sì, ma anche a capire la profondità e la complessità della natura umana.