mercoledì 19 settembre 2012

Sentirsi a casa

Ultimamente rifletto spesso su cosa vuol dire per me sentirmi a casa in un posto e su dove mi sento a casa di più tra tutti questi posti. Mi chiedo se mi sento veramente a casa in Svezia. La risposta è no, ma la situazione sta migliorando. E allora mi chiedo cos'è che mi fa sentire a casa in un posto?

Se ci penso bene, finora ci sono state soltanto due città nella mia vita dove vivendoci ero convinta ed avevo voglia di rimanerci per tutta la vita: Budapest e Firenze. Poi il destino mi ha portato via da entrambe. Ma sono solo questi due posti dove mi sono sentita e tuttora mi sento VERAMENTE e incondizionatamente a casa. E' curioso, perché in realtà sono cresciuta in una terza città ungherese. A Budapest ho "solo" fatto l'università e a Firenze il dottorato. Si vede però che mi sono legata ed affezionata in modo così forte a questi luoghi che battono addirittura la mia città. Non che a Kaposvár non mi senta a casa, ma l'ho sempre vissuta come un posto di passaggio nella mia vita. Anche da piccola sapevo che un giorno me ne sarei andata. (E comunque ci eravamo trasferiti là quando avevo già cinque anni. Nessuno dei miei nonni o altri parenti viveva lì. A Budapest invece ho diversi cugini.) E allora mi chiedo io: perché mi sento tanto a casa proprio in queste due città? Ovviamente è un insieme di cose. Non esiste una spiegazione semplice. Ricordi, emozioni, persone.

Non posso negare che in certi momenti ormai mi sento a casa anche qui a Örebro. Quest'anno capitava che dopo un viaggio in Ungheria o in Italia tornavamo anche volentieri in Svezia e ci pareva di tornare a casa. E, appunto, qui parlo in plurale, perché in questo momento la Svezia è l'unico posto dove abbiamo una casa NOSTRA, nel senso che ci viviamo insieme ed è tutta per noi. Una casa da coccolare, da personalizzare e da vivere. E c'è anche un altro motivo. Abbiamo ormai conosciuto diverse persone. All'università, a pallavolo, al corso SFI e semplicemente sbrigando le cose di tutti i giorni. Quando la faccia della cassiera diventa familiare, quando al supermercato incroci il concessionario che ti ha venduto la macchina, quando riconosci un tuo studente tra gli spettatori di una partita, quando ti capita di scoprire di avere conoscenze in comune con un'altra persona... sono tutte cose che ti fanno sentire a casa in un posto. Le relazioni umane sono tutto nella vita. Almeno così è per me.

E' un po' sconcertante l'esigenza dell'uomo di sentirsi a casa in un qualsiasi angolo del pianeta, ma è ancora più sconcetrante la sua CAPACITA' (...scusate, ma non ho la à maiuscola...) di sentirsi a casa in un qualsiasi angolo del pianeta. Trascende radici, origini e cultura. Forse un po' meno l'età...

Non posso non fare una considerazione linguistica. E' curioso che le lingue latine non hanno una parola specifica per "casa", nel senso del luogo dove ti senti, appunto, "a casa". Le altre lingue generalmente distinguono tra la casa come edificio (house / hus / ház, rispettivamente inglese / svedese / ungherese) e la casa come luogo di appartenenza (home / hem / otthon). Come mai le lingue latine non lo fanno?

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao!complimenti per il blog...è veramente interessante e ben scritto!
Dato che ho letto che lavori all'università ti vorrei chiedere se esistono i master di un anno in Svezia(più precisamente nel settore chimico/farmaceutico).
Inoltre lo so che non è il tuo campo ma sai se c'è richiesta nel campo farmaceutico in Svezia?

Grazie in anticio e aspetto la tua risposta;) C.

Kata ha detto...

@C.: quello che in Svezia viene chiamato master è in realtà la laurea specialistica, e dura due anni. Il master che si fa dopo la laurea si chiama "magisterexamen" o c'è anche il "mezzo dottorato" che dura due anni (licenciatexamen).
Puoi fare una ricerca qui: http://www.masterstudies.se/

Buona fortuna!

Anonimo ha detto...

wow!grazie mille!:)

Angyalka ha detto...

Quasi ogni volta che leggo il tuo blog, mi vengono in mente tanti pensieri interessanti, legati anche alle mie esperienze personali. Poco tempo fa ho scritto una lettera a una mia amica (ungherese) che mi aveva chiesto di raccontare le mie esperienze e di esprimere la mia opinione dello "shock culturale". Fra tante altre cose, ho scritto che secondo il mio punto di vista quelle persone che erano abituate ai cambiamenti, traslochi da piccole, trasferendosi in un altro paese soffrivano molto meno lo "shock culturale", rispetto a quelli che avevano vissuto sempre nello stesso posto, con le stesse persone intorno, magari nella stessa casa.
Ho scritto anche che è strano ma non esiste nessuna città ungherese dove mi sento "a casa". Sono nata a Miskolc, ma la mia relazione con quella città è simile alla tua con Kaposvár. A quei tempi i miei genitori abitavano a Szerencs (x motivi di lavoro, quindi non avevamo parenti lì) e io sono nata a Miskolc perché lì c'era l'ospedale più vicino. Quando avevo 10 anni, ci siamo trasferiti a Miskolc dove ho fatto il liceo, poi a 18 anni sono andata a Budapest x fare l'università. In me non s'è sviluppata la sensazione di sentirmi a casa a Bp, anche se la città mi piace molto e ci ho fatto tante belle amicizie - forse perché io non ho parenti nemmeno lì.
Prima, quando mi chiedevano "di quale città sei?", mi sentivo sempre un pò in imbarazzo... invece ultimamente ho inventato cosa rispondere: dell'Ungheria del Nord-Est! :) (e poi naturalmente spiego in qualche frase la mia situazione particolare) E' questa la risposta più vera e sincera x me. Quando vedo x esempio le montagne Zemplén (si trovano vicino a Szerencs ed a Telkibánya, dove avevamo una casa di campagna e dove si passavano le estati) con i suoi boschi selvaggi dove da bambina andavo a cercare funghi con mia Mamma, le montagne Bükk di Miskolc, oppure le montagne Mátra (dal giardino di mia Nonna si vede il Kékes, il punto più alto delle Mátra e dell'Ungheria), il mio cuore batte più forte, mi vengono in mente tantissimi ricordi... e mi sento "a casa". :)

Angyalka ha detto...

Ieri mi è venuta in mente un'altra cosa e la scrivo qui, solo per curiosità. E' molto interessante la tua osservazione linguistica alla fine del post, mi ha fatto pensare. Cmq non devono essere solo le lingue latine che usino la stessa parola per i due sensi di "casa". Anche l'olandese fa così ;) :
het huis = la casa (come edificio - "ház" in ungherese)
Ik ga naar huis. = Vado a casa.
Ik ben thuis. = Sono a casa.

Kata ha detto...

@Angyalka: davvero? Quindi ci sono anche lingue germaniche in cui non c'è questa distinzione. Allora probabilmente il motivo non è da ricercare nel fatto che, suggerito da una mia amica in un commento su facebook, i popoli latini non furono nomadi, e quindi identificarono la casa con il focolare domestico. Proverò a fare una ricerchina per scoprire i motivi...

Angyalka ha detto...

Interessante l'ipotesi sull'origini nomade... Bisognerebbe esaminare il fenomeno in tutte le lingue germaniche. Cmq quello che riguarda l'olandese, (non so se c'entra qualcosa proprio col discorso di "casa") è da considerare che i Paesi Bassi furono sottomessi all'impero spagnolo per 130 anni, quindi la lingua spagnola avrà lasciato qualche segno sulla loro lingua. Ancora prima, i Paesi Bassi appartenevano all'Impero Franco e al Regno di Borgogna... così ci deve essere anche qualche influenza della lingua francese.
Aspetterò curiosamente eventuali risultati della ricerchina ;)

Kata ha detto...

@Angyalka: chissà, infatti... grazie degli spunti! La ricerchina la rimando a quando torniamo dalla nostra vacanzina. Partiamo domani! :)

p.s. "Aspetterò curiosamente" mi sa che è un ungheresismo. ;)

Angyalka ha detto...

Ops... non ci ho fatto caso :) Ha senso questa espressione in italiano?? Oppure esiste qualche espressione piu' appropriata per dire "kíváncsian várom"?

Buone vacanze :)

Kata ha detto...

Sì, non credo che sia scorretto, solo che un italiano non lo direbbe. Credo che l'equivalente in italiano sia "aspetto con ansia", ma non so quanto questa espressione abbia una valenza negativa. Cioè se la si può usare anche in termini positivi. Magari ci risponderà un madrelingua che lo sa! :)