lunedì 26 novembre 2012

Emozioni

Emozione. Un'altra parola molto italiana. Non che non esista in nessun'altra lingua, ma perché è così ricorrente nei discorsi degli italiani. E nella vita degli italiani. Talvolta penso a quanto ho imparato in Italia. Incredibilmente tanto. Di vivere. Di accettare, anzi, di apprezzare le contraddizioni. Di vivere le emozioni. Di riconoscerle. Di acclamarle. Di farne una ragione di vita. E poi penso a che ne è stato di questo modo di vivere. Qui in Svezia. Di tutta quell'umanità e calore. Ne ho portato un pezzettino con me. Sicuramente ho portato l'amore con me, che è la cosa più importante. Ma che ne è stato delle piccole emozioni quotidiane? Delle emozioni suscitate dalla bellezza. Delle emozioni suscitate dall'imprevedibilità. Della gioia dei sensi nelle piccole cose quotidiane: la vista di opere d'arte dal vivo, il gusto dei sapori raffinati. Gioia dei sensi che fa parte della vita quotidiana di ogni italiano.

Emozione: dal latino emotus, participio passato di emovere = trasportare fuori, smuovere, scuotere. L'emozione ti scuote. Ti smuove.
I sinonimi secondo il dizionario etimologico sono: agitazione, sollevamento di spirito, entusiasmo, commozione. Sollevare lo spirito. Che bella espressione! Si può dire anche in ungherese: lélekemelő ('che solleva lo spirito'), ma ha un significato più preciso di 'emozionante' ed è nettamente positivo, mentre un'emozione può essere anche negativa. Anche in svedese si può dire sinnesrörelse ('movimento dell'animo'), ed etimologicamente è un'imitazione dell'espressione latina motus animi.

Non esiste però una traduzione perfetta di 'emozione' né in ungherese né nelle lingue germaniche. (Lo conferma Buck nel suo fantastico libro citato nel post precedente.) L'ho sempre trovata una mancanza significativa. Da quando sono diventata un po' italiana mi manca molto questo termine quando parlo in ungherese. Abbiamo la parola latina emóció, ma non è di uso tanto comune. Suona un po' scientifico. In inglese emotion è almeno una parola comune, e credo che lo sia anche in svedese (scritto ugualmente emotion), ma attendo conferma dai più esperti.

In svedese esiste poi la parola känsla, dal verbo 'att känna', sentire. Vuol dire però più sentimento che emozione. Tra sentimento ed emozione c'è una bella differenza. Secondo il dizionario känsla significa anche 'sensazione'. Ma anche tra sensazione ed emozione c'è una bella differenza. Infatti, anche in ungherese una traduzione potenziale è érzés ovvero 'sentimento' o 'sensazione', da érezni = sentire. (Ho usato la parola életérzés in un post precedente.)

Chiudo con tre canzoni di un artista la cui musica è pura emozione. Me l'ha fatto conoscere un mio amico fiorentino, perciò mi ricorda gli anni fiorentini.

mercoledì 21 novembre 2012

Swedish vs English - Parte Quarta: La scrittura

Per i post precedenti della serie vedete qui: 1 2 3

Come avevo menzionato qui, l'inglese scritto degli svedesi è decisamente peggiore del loro inglese parlato. Se ci pensiamo bene è un fatto comprensibile. Non è soltanto colpa della scuola (nel senso che imparano bene l'inglese per merito della televisione e del cinema piuttosto che dell'istruzione scolastica), ma anche della notevole similitudine tra le due lingue. Se pensate a come parlano italiano gli spagnoli e i portoghesi/brasiliani, e soprattutto come lo scrivono (con tutte le difficoltà legate alla mancanza di doppie nella loro lingua), potete capire che difficoltà devono affrontare gli svedesi quando parlano/scrivono in inglese.

Infatti, il libro che usiamo al corso di svedese (un corso a distanza con un incontro al mese), e che è scritto per svedesi e non per stranieri, elenca una serie di vanliga fel i svenskan (errori comuni nello svedese), la maggior parte dei quali è riconducibile alla notevole somiglianza dello svedese all'inglese. Ciò significa che gli svedesi non solo hanno difficoltà a scrivere in inglese corretto, ma che spesso commettono errori pure quando scrivono nella propria madrelingua confondendo le regole di scrittura con quelle dell'inglese. Insomma, è una bella confusione. Ecco alcuni esempi.

Parole composte: lo svedese ha le parole composte (come il tedesco), mentre l'inglese le scrive separatamente. Così in svedese scrivi mobiltelefon e tullfri, mentre in inglese scrivi 'mobile phone' e 'duty free'. In svedese scrivere una parola composta separando i due elementi può portare a un significato completamente diverso. Così sjuksköterska significa 'infermiera', mentre en sjuk sköterska è 'un'infermiera malata', rökfritt vuol dire 'non fumatore' (libero da fumo), mentre rök fritt significa che è libero fumare, quindi propro l'opposto.

Il genitivo: Questo l'avevo già menzionato in uno dei post precedenti. L'inglese usa l'apostrofo, lo svedese no. In inglese Marta's house, in svedese Märtas hus.

Le iniziali (maiuscole / minuscole): Mentre l'inglese usa spesso le iniziali maiuscole, lo svedese ha praticamente le stesse regole dell'italiano. Soltanto i nomi propri vanno scritti con l'iniziale maiuscola, se sono aggettivati no. Così in inglese scrivi Swedish, Italian, Hungarian, mentre in svedese scrivi svensk, italiensk, ungersk. Anche i giorni della settimana, i mesi e le epoche hanno iniziali minuscole.

La punteggiatura delle abbreviazioni: In modo abbastanza curioso lo svedese, invece del semplice punto, usa i due punti sia per i numeri ordinali che per le altre abbreviazioni quando seguite da almeno una lettera. Così 'the 10th of April' in svedese diventa 'den 10:e april', cirka (il significato è intuibile) diventa c:a, Sankt (altrettanto intuibile) S:t, ecc. Non sempre però. In molte abbreviazioni si usa il semplice punto. Alcune delle più comuni col punto semplice: p.g.a. = på grund av (a causa di), o.s.v. = och så vidare (eccetera), m.v.h. (anche senza punti, solo 'mvh') = med vänlig hälsning (cordiali saluti).

Chiudo con una canzone svedese dal testo semplice che si sente spesso alla radio e che mi piace. Nel video potete leggere la traduzione inglese del testo. Per il testo originale vedete qui.

Melissa Horn - Jag saknar dig mindre och mindre 
(Mi manchi sempre meno)



p.s. Nella traduzione inglese del testo della canzone potete notare gli errori tipicamente svedesi di cui avevo scritto in questo post.

giovedì 8 novembre 2012

Di formalità e cortesia in Svezia

Chiunque cresciuto in un altro paese europeo (fuori dalla Scandinavia) che si trasferisce in Svezia, dopo poco si rende conto dell'informalità dei rapporti sociali tra gli svedesi. O meglio, dell'assenza di formalità nei rapporti. E anche dei gesti di cortesia. Fatico ancora ad abituarmi al fatto che in palestra nello spogliatoio la gente non si saluta. A me viene naturale salutare quando entro, anche se ci sono ragazze che non ho mai visto prima in vita mia. Invece capita spesso che addirittura non mi rispondono. Quando sono io a trovarmi nello spogliatoio le persone che entrano non salutano mai. Ormai dopo due anni posso affermare che è la regola. Vabbè, cultura diversa... mi rassegno.

Che gli uomini svedesi non siano "premurosi"* nei confronti delle donne è una cosa a cui non ci avrei neanche fatto caso se altri non me lo facevano notare, perché non gli ho mai dato alcuna importanza. Ma che gli studenti si rivolgano a me come se fossi una loro compagna di banco continua a sorprendermi. O, meglio, a farmi sorridere. Questa cosa si nota soprattutto nella comunicazione scritta, meno in quella verbale. (A parte che a me fa ancora strano salutare una persona anziana con un "Hej!"...) Le email degli studenti Erasmus (francesi, spagnoli, tedeschi o italiani che siano) hanno uno stile decisamente diverso dalle email degli studenti svedesi. La differenza è proprio eclatante. Per portare un esempio, una volta tempo fa mi è arrivata una mail da una studentessa svedese che conteneva la seguente frase (traduco in italiano): "non riesco a trovare questa cosa x nelle tue istruzioni, mentre l'ho cercato. sono cieca o cosa?" A dir poco sono rimasta basita... Ma vi immaginate uno studente italiano scrivere una frase del genere a un professore? Va bene che non sono un professorone, ma un'insegnante giovane, ma comunque... In altri paesi europei succederebbe difficilmente. Le mail degli studenti svedesi cominciano con "Hi!" pure in inglese, quelle degli studenti francesi/spagnoli/ecc. con "Dear Madam/ Dear Ms. X". 

A me fa proprio sorridere questa differenza culturale. Non posso dire che mi piaccia, ma mi rassegno. Non è che ci posso fare molto. A me non dispiaceva stare attenta allo stile quando parlavo o scrivevo a un professore. La cortesia è eleganza. A chi è abituato all'eleganza della forma in certi contesti e rapporti gli svedesi a volte possono sembrare rozzi. Secondo me fare differenza nel tuo modo di parlare e di scrivere a seconda a chi ti rivolgi arricchisce sia la lingua che la società invece di impoverirle. Ma questa è la mia opinione personale. Ci sono quelli che preferiscono l'uguaglianza totale e incondizionata a tutti i costi. Voi che ne pensate?

Per quanto ho capito io, non è sempre stato così in Svezia. Fino agli anni Sessanta, per esempio, la lingua svedese conosceva il "Lei". Fu semplicemente abolito dal c.d. Du-reformen. Ne ha scritto Daniele nel suo blog qui. Pur essendo abituata all'uso del Lei sia in ungherese che in italiano, la sua assenza di per sé non mi dà assolutamente fastidio. Non ce l'ha neanche l'inglese. Nonostante ciò ho l'impressione che gli inglesi siano molto più formali ed eleganti nel loro modo di parlare in contesti ufficiali. Però sarei contenta di sentire opinioni contrarie da coloro che vivono in Svezia da più a lungo...

* Qua sarebbe perfetto l'aggettivo ungherese előzékeny, e ho avuto un po' di difficoltà a trovare la parola giusta in italiano. Premuroso? Educato? Cortese? Quale parola si usa per l'uomo che cede il posto alla donna, le apre la porta, le aiuta a mettersi la giaccia, ecc.? (Előzékeny letteralmente significa dare precedenza all'altra persona.)

Aggiornamento: mi è già arrivata la risposta. In italiano si dice "galante"! :)

giovedì 1 novembre 2012

Parole al buio

Ci risiamo. Stiamo andando verso l'inverno inesorabilmente. E' passato l'equinozio, abbiamo lasciato l'ora legale, le giornate si stanno accorciando a vista d'occhio. Ci vuole di nuovo un passatempo che porti luce nelle lunghe serate buie. Il primo anno mi sono dedicata all'arte, il secondo anno alla musica, stavolta mi dedicherò alla terza passione, la lingua, rischiando di trasformare questo blog in una rassegna linguistica, ma tant'è.

Il destino vuole che la sala di lettura della biblioteca dove vado a lavorare quando mi capita di passare qualche giorno a Göteborg sia piena di dizionari, vocabolari ed enciclopedie linguistiche. Come faccio a non dargli un'occhiata? Infatti, nelle pause del lavoro mi dedico ad esplorare questi scaffali e sfogliare i libri. Ho trovato diversi tesori che sarebbe un sogno avere a casa. E via via in queste pause faccio delle mini-ricerche, scopro curiosità e faccio collegamenti. Purtroppo non ho trovato alcun libro sulla lingua ungherese, ma c'è molto sulle altre mie tre lingue: l'inglese, lo svedese e l'italiano. E intanto ho ordinato un libro di etimologia ungherese che prenderò la prossima volta che vado in Ungheria.

La mia idea è confrontare le mie quattro lingue guardando alle origini e all'uso di una certa parola. Un po' come ho fatto con la parola 'finestra' qui e con la parola 'patata' qui, scoprendo molte cose interessanti. Evito di usare citazioni precise e rinvii alle fonti, anche se mi verrebbe naturale. Riporto qui le fonti una volta per tutte, per chi è interessato ad approfondire:

B. Bergman, Ordens ursprung, Wahlström & Widstrand, 2007
G. Bergman, Ord med historia, Prisma, Stockholm, 8:e uppl., 2005
R. Hendrickson, The Facts on File Encyclopedia of Word and Phrase Origins, Checkmark Books, New York, 3rd ed., 2004
C.L. Buck, A Dictionary of Selected Synonyms in the Principal Indo-European Languages. A Contribution to the History of Ideas, University of Chicago Press, Chicago, 1949

In particolare quest'ultimo libro è fantastico, perché fa già una comparazione tra le diverse lingue, anche se purtroppo si limita a quelle indo-europee, quindi nessun riferimento all'ungherese. Su quest'ultimo mi devo per ora affidare a quel che so già o che riesco a trovare su internet. Per fortuna è la lingua che conosco meglio tra tutte, essendo la mia madrelingua. Infine, una fonte online: un vecchio dizionario etimologico svedese, scannerizzato pagina per pagina, accessibile qui.

Allora cominciamo! Quale tema migliore per iniziare se non l'AMORE? :) Tempo fa in un commento su Facebook un amico mi suggeriva di indagare sulla particolarità del verbo 'voler bene' dell'italiano che non ha un equivalente nelle altre lingue. Effettivamente è un verbo che adoro perché così prettamente italiano. Ecco, quindi, le parole da confrontare:

amore / amare - voler bene (italiano)
szerelem - szeretet / szeretni (ungherese)
love / to love (inglese)
kärlek / att älska (svedese)

Come vedete, lo svedese usa parole molto diverse dall'inglese. A proposito... siete anche voi stufi degli I love you degli americani? Nei film lo dicono ogni tre per due, anche a mo' di saluto. Non che l'inglese non abbia espressioni alternative, ma I love you sembra proprio inflazionata.

Cominciamo però dall'italiano... Il vostro ti voglio bene ha un significato più ampio di un ti amo, ma certo questo non ve lo devo spiegare io. Sentirsi dire da un ragazzo ti voglio bene può essere una delusione, quando si aspetta invece una dichiarazione di amore. L'italiano però non è l'unico a fare questa distinzione. La fa anche il francese con il suo avoir cher (letteralmente 'avere caro') e il tedesco con il suo gern haben (lett. 'avere volentieri').

L'ungherese non fa distinzione tra amore romantico e amore in senso lato nel verbo. C'è un solo modo per dire ti amo o ti voglio bene: szeretlek. Fa però questa distinzione nel sostantivo. Szerelem è l'amore romantico/sessuale, szeretet è amore in senso lato, che si può provare per un amico, un figlio o un fratello. E' quest'ultimo che viene usato in un contesto religioso-cristiano quando si parla di amore, non szerelem che ha un significato ben preciso: l'essere innamorati.

In svedese, infine, per quanto ho capito io, non esiste una distinzione tra amore romantico e amore in senso lato, però, curiosamente, il verbo è molto diverso dal sostantivo. Älska (amare) è una parola scandinava, che ha anche la sua forma sostantivata (älskog), ma il termine più comunemente usato per 'amore' è kärlek, che invece è una parola con radici latine, più precisamente francesi. Infatti, deriverebbe dalla parola cher, 'caro' in francese. (Lo ha preso in prestito pure il danese che per 'amore' usa kaerlighed.) Ti amo in svedese si dice jag älskar dig (la pronuncia è diversa come ve lo immaginate...).

Un'ultima nota: è bellissimo anche lo spagnolo te quiero, letteralmente 'ti voglio'. E' pura passione! (Anche se in realtà mi sa che lo dicono anche ad amici e parenti...) Il francese, il tedesco e lo spagnolo però usano tutti un'espressione egocentrica. Rimane l'italiano l'unico ad esprimere altruismo. Ti voglio bene, cioè ti voglio del bene, voglio il tuo bene, non il mio. Non è un caso che l'italiano è considerato la lingua dell'amore! :)