Quando mi chiedono "Ma com'è la vita in Svezia?" (e capita spesso), generalmente dopo un momento di esitazione rispondo che "è una vita comoda". Certamente è sempre riduttivo descrivere un paese o una vita con un aggettivo solo, ma se devo sceglierne uno per la vita svedese, mi viene in mente "comodo". Qualche volta ci rifletto e per ora arrivo sempre alla stessa conclusione: la vita svedese è comoda. Dopo quella italiana poi...
Si potrebbe usare anche tanti altri aggettivi. Per esempio confortevole, tranquilla, sicura, prevedibile. Ma "confortevole" porta in sé un giudizio valutativo positivo, mentre "comodo" riflette bene la doppia faccia del concetto. "Tranquilla" poi lo sono io di mio, quindi per me non è una novità. "Sicurezza" e "prevedibilità", infine, sono sempre solo un'illusione, anche se certo è che qua questa illusione è parecchio forte. E' poco umile però pensare che la vita sia prevedibile. Potrei anche dire "una vita piatta", ma sarebbe troppo negativo e sarei ingiusta nei confronti della Svezia. Se uno ha una vita piatta, deve guardare dentro sé stesso invece di incolpare l'ambiente circostante. La vita è interessante in ogni circostanza se vissuta con curiosità e spirito di iniziativa.
Se invece dovessi descrivere la vita in Italia, in base alla mia esperienza di circa sette anni vissuti lì, userei l'aggettivo "stimolante". Una vita che di comodo ha ben poco. Non è né tranquilla, né sicura, né prevedibile, ma è piena di stimoli di tutti i tipi. Stimoli visivi, gustativi, emotivi ed interpersonali. Una vita che non ti lascia mai in pace, che ti sfida continuamente, stancante e arricchente allo stesso tempo. Della vita in Italia ci si può stancare, anzi, ci si può stufare, ma rimanere indifferenti mai. E' una vita piena di emozioni, positive o negative che siano (vedi questo post dell'anno scorso).
Nella mia mente scorrono mille pensieri riguardo a questo discorso, questo confronto tra "comodo" e "stimolante" che sembrano essere qualità incompatibili o comunque distanti. La vita svedese è comoda, perché qua le cose funzionano. Si è praticamente viziati dai servizi pubblici e da coloro che lavorano nel settore pubblico, con poche eccezioni. Si è informati su ogni minimo dettaglio, e tutto è spiegato a un livello intellettivo di un bambino di dieci anni (che talvolta rasenta il ridicolo, ma posso immaginare che ci siano persone che ne hanno davvero bisogno). Il punto è che qua raramente ti devi "arrangiare", come succede in Italia, ma anche in altri paesi. Ci sono lo stato e il comune con i loro servizi che pensano a te. E questo è vero anche per l'istruzione universitaria. Gli studenti sono serviti e coccolati.
La mia domanda è, e non smetterò mai di farmela: ma è questa la chiave della felicità? La comodità? Lo so che chi non ce l'ha se la sogna, e non voglio sminuire la sua importanza, ma neanche elevarla su un piedistallo come un valore fondamentale della vita. La comodità tranquillizza e appiattisce allo stesso tempo e non è affatto una garanzia di serenità. Adoro questa parola, "serenità", che ho imparato in Italia. Ne ho già scritto qui una volta, come esempio di espressione italianissima. Per raggiungere la serenità ci vuole soprattutto pace interiore che non ha nulla a che vedere con la comodità. Però almeno non sono concetti incompatibili...
Questo discorso potrebbe portare molto lontano, e riconosco che è un filosofeggiare senza fine e senza concretezza, ma è nella mia natura fare riflessioni del genere ognitanto. E' come un esercizio per la mente, e capita che mi aiuti a comprendere qualcosa di nuovo. Quel che ho capito questa volta è che la vita comoda ha un suo prezzo: la quantità ridotta di stimoli. Non è una tragedia. Semplicemente ti devi impegnare il doppio per trovarli o crearteli e per vedere quegli stimoli ridotti che trovi come tali.
Il mio problema è che io, non essendo una persona creativa di natura, ho bisogno di stimoli esterni che tirino fuori il mio lato creativo. E' un mio limite, lo riconosco, ma è importante conoscere sé stessi per poter vivere una vita serena. Confesso che oltre a cercare di impegnarmi in questo senso in Svezia, uso anche una scorciatoia: torno in Italia quando posso per ricaricarmi di stimoli (visivi, gustativi ed interpersonali). Da adesso però, per via del regalo di Natale in arrivo, per i prossimi cinque-sei mesi almeno non lascierò la Svezia. Vediamo come la vivrò questa cosa. A parte che credo che dopo Natale la vita comoda sarà un lontano ricordo per un paio d'anni almeno... :)
La mia domanda è, e non smetterò mai di farmela: ma è questa la chiave della felicità? La comodità? Lo so che chi non ce l'ha se la sogna, e non voglio sminuire la sua importanza, ma neanche elevarla su un piedistallo come un valore fondamentale della vita. La comodità tranquillizza e appiattisce allo stesso tempo e non è affatto una garanzia di serenità. Adoro questa parola, "serenità", che ho imparato in Italia. Ne ho già scritto qui una volta, come esempio di espressione italianissima. Per raggiungere la serenità ci vuole soprattutto pace interiore che non ha nulla a che vedere con la comodità. Però almeno non sono concetti incompatibili...
Questo discorso potrebbe portare molto lontano, e riconosco che è un filosofeggiare senza fine e senza concretezza, ma è nella mia natura fare riflessioni del genere ognitanto. E' come un esercizio per la mente, e capita che mi aiuti a comprendere qualcosa di nuovo. Quel che ho capito questa volta è che la vita comoda ha un suo prezzo: la quantità ridotta di stimoli. Non è una tragedia. Semplicemente ti devi impegnare il doppio per trovarli o crearteli e per vedere quegli stimoli ridotti che trovi come tali.
Il mio problema è che io, non essendo una persona creativa di natura, ho bisogno di stimoli esterni che tirino fuori il mio lato creativo. E' un mio limite, lo riconosco, ma è importante conoscere sé stessi per poter vivere una vita serena. Confesso che oltre a cercare di impegnarmi in questo senso in Svezia, uso anche una scorciatoia: torno in Italia quando posso per ricaricarmi di stimoli (visivi, gustativi ed interpersonali). Da adesso però, per via del regalo di Natale in arrivo, per i prossimi cinque-sei mesi almeno non lascierò la Svezia. Vediamo come la vivrò questa cosa. A parte che credo che dopo Natale la vita comoda sarà un lontano ricordo per un paio d'anni almeno... :)
14 commenti:
Le parole che la Svezia é una cittá tranquilla,efficiente nei trasporti, e prevedibile dei guai,mi suona bene. Al contrario dell'Italia! Purtroppo io abito a Piacenza,e il mio problema é che avevo uno stipendio basso,poi tutti i dipendenti della ditta sono stati licenziati,me compresa. L'unica cosa che posso dire é: lo Stato ci stá affogando di tasse,e dato che andiamo avanti così,che non si trova lavoro.... Vorrei andarmene dall'Italia,e trovare fortuna all'estero,non voglio tutto e subito,come la maggior parte degli italiani che emigrano in Paesi stranieri,e pretendono tutto e subito. Per avere le cose bisogna faticare e guadagnarsele. La mia idea é di trasferirmi in Svezia,ad Heby che é un piccolo paesino. Non sono ancora sposata e non ho figli. Penso di trovare un futuro migliore per me è per i figli che verranno,se ne avrò... Maria
@Maria: La situazione in Italia sta diventando sempre più pesante, ne sono consapevole. Me ne sono andata per assenza di lavoro (in ambito universitario) anch'io. Purtroppo per quanto l'Italia possa essere bella e stimolante, di qualcosa si deve pure campare... :( Che amarezza.
Sì,camperò in una terra straniera,la Svezia. Mi sposerò a Stoccolma,e se avrò figli,con me e mio marito parleranno solo in svedese,di italiano gli insegnerò 2 paroline,perché loro nasceranno in Svezia,e ovviamente dovranno parlare in svedese. Per i nomi dei miei figli penso se fosse una femmina: Henrietta Ingrid,e per un maschio: Øyvind Olav. Che ne dici,ti piacciono i nomi? Maria
@Maria: In bocca al lupo per i tuoi progetti! :) La scelta del nome non è mai facile, ed in ogni caso è una scelta molto soggettiva e personale. A dire il vero il nome maschile che hai scritto non l'ho mai sentito qui in Svezia. Scritto così sembra più norvegese. Lo svedese non ha la lettera Ø, e in Svezia è diffuso Olof invece di Olav.
Infatti é norvegese. Allimite anziché scriversi così: Ø si potrebbe anche scrivere così: Ö in fondo la pronuncia é la stessa,ed é più svedese. Grazie!:) Maria
Mi sai dire di che colore ha i capelli la principessa di Norvegia,Ingrid Alexandra? Penso sul biondo cenere. Poi mi puoi anche dire il colore degli occhi di Alexandra e i capelli (e gli occhi) della principessa Estelle di Svezia e della principessa Isabella Henrietta Ingrid di Danimarca? Anna (lo so,non c'entra niente col tuo post).
@Anna: mai vista nessuna di queste principesse, se non la piccola Estelle in qualche copertina, ma non ci ho fatto proprio caso al colore dei suoi occhi o capelli (le altre due neanche sentito nominare, a dire il vero...). Non mi interesso proprio alle vicende delle famiglie reali.
Ah,scusa. Anna
Scusatemi se mi intrometto nella conversazione, ma da italiana che vive all'estero consiglierei vivamente a Maria di insegnare l'italiano ai suoi figli. Ho due amiche qui che hanno fatto lo stesso tuo discorso ma se ne sono pentite tantissimo e adesso e' troppo tardi. Se non capiscono l'italiano non potranno mai avere un rapport con la tua famiglia. Sei sicura che e' quello che vuoi?
Sì,sono sicura che é quello che voglio. Voglio solo che i miei figli parlino in svedese sia con me è con il mio futuro sposo. Di italiano non ne voglio sapere. @ Gironda: grazie per avermelo detto ma ho deciso. Maria
@Maria e Marilena: Credo che crescere bilingue è una grande fortuna che ti offre ottime opportunità che solo pochi hanno. Certamente i genitori sono liberi di negare questa opportunità ai loro figli, ma è un vero peccato.
D`accordo con Kata.Brava!!!
Anche io penso che il bilinguismo sia una grande opportunità per un bambino.
Szia :)
Vivo a Buenos Aires da quasi un anno e mi ritrovo nelle tue riflessioni solo che, rispetto all'Argentina, è l'Italia ad essere il Paese "comodo", anche se ovviamente per uno che non è mai stato all'estero e che combatte quotidianamente con il traffico di Roma sembrerebbe impossibile.
Probabilmente sono le difficoltà a dare il valore alla vita che vivi, il superarle infonde fiducia ed il loro ricordo genera una coesione maggiore con le persone che sono al tuo lato, in famiglia, nel lavoro, tra amici perchè ti fa capire che loro affrontano le tue stesse difficoltà.
Ho imparato (male) una nuova lingua, ho avuto nuovi amici (veri), mi sono innamorato e, giusto ieri, sposato. Ho vissuto una vita più spartana di quella che vivevo in Italia, però anche una vita più felice. Quindi, tutte le mie "comodità" italiane, erano non dico un ostacolo ma almeno una cosa inutile alla mia felicità.
In meno di un mese torno in Italia. No, non "torno" ma vado, perchè non torno alla mia vita di sempre ma sto per iniziarne una nuova, nuovo appartamento, nuova famiglia, nuove difficoltà, nuovi stimoli.
In bocca al lupo per il tuo percorso!
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